«ho paura del confine»
pensare alla bellezza di un lampo
non riuscire a vederti
è rimasto il buio a sorvegliare il respiro che dà volto alla speranza
la luce non riempie la stanza. la luce non fa altro che nascondere il buio. la luce che non si vede
è sempre buio. dalla chiarezza non nasce nulla. dall’oscurità nasce qualcosa
un livido la domanda a tutte le risposte spente
aver continuato a pronunciare il tuo nome
aver trasmutato il respiro in voce
sangue saliva sperma
parlano per noi. parlano l’animale che siamo stati. il selvaggio nelle cellulle. l’inconfinabile
anche questo è stato necessario
questa morte silenzio con cui ora parli
l’ala dell’umiliazione che sfiora ogni creatura
la presenza di un mare senza nome nei corpi
dentro ogni goccia l’orizzonte si dilata nella carne. qualcosa che ci trasmette lontani nel sangue
fino al ciglio dell’anima. da nessuna parte mai
l’abisso in carne e ossa. il nostro lusso
due ferite aperte affamate di morsi
in due s’incamminano per raggiungere lo sguardo che sta dietro il paesaggio
cercando una convivenza nell’ombra la prossimità dei corpi
ogni cosa è esistenza. il corpo non si risparmia nulla. il corpo invade
il centro si sposta sempre non è mai dove sta il centro. ciò che siamo ci oltrepassa
tu sei qui. l’oltre si situa dentro. oltre l’oltre
è una superficie. dentro non ha misure. dentro non ha definizione. l’oltre è il luogo del disastro. è solo un’opportunità. l’opportunità di nuovi disastri
la rovina non è mai neutra
la mano è il libro di una carezza
non c’è niente che sia niente. non c’è dono più alto
parlami del vivo. qualcosa che sta fuori dalla parola dall’immagine dal silenzio dalla superficie
una volta che sei morto non muori più
solo lo spazio rimane bianco o l’archeologia della parola
Odessa, 21 gennaio 1958
D.B.
p.s.
«Non trascorrere il tempo alla ricerca di un ostacolo.
Forse non ce ne sono»
Kafka